Contributi


CAPITOLO I
EDOARDO I E LE SUE GUERRE NEL GALLES, 1277-1295 : SVILUPPO DEL LONG BOW


Possiamo approssimativamente dire che ai tempi di Edoardo I tutti i combattimenti nei quali gli eserciti inglesi erano stati impegnati, si dividevano in una o due categorie. La parte maggiore delle guerre erano conformi al tipo continentale comune in quei tempi ed erano state ingaggiate principalmente da uomini a cavallo ricoperti di maglia di ferro; la fanteria compariva solo come arma ausiliaria di non grande efficacia. Tali erano state tutte le guerre inglesi con la Francia e tutte le guerre civili da Lincoln (1217) ad Eversham (1265). L'altro tipo di guerre erano state ingaggiate contro truppe nemiche irregolari, come i gallesi e gli irlandesi, i quali si nascondevano tra le colline o nelle paludi, di solito rifiutavano la battaglia ed erano formidabili solo quando effettuavano una sortita o un'imboscata. Le campagne contro di loro erano state numerose, ma non avevano influenzato l'arte della guerra degli inglesi più di quanto le spedizioni sudanesi o trans-indiane avessero influenzato l'alta strategia militare dei giorni nostri.
Il regno di Edoardo I costituisce una pietra miliare nella storia dell'esercito inglese poiché mostra i primi segni dello sviluppo di un nuovo sistema tattico da questa parte della Manica, differenziandosi dagli usi continentali per la sempre più grande importanza che veniva assegnata alla fanteria equipaggiata con armi da lancio. Questo è, in breve, il periodo nel quale il longbow per la prima volta si pone in primo piano come l'arma nazionale.
L'arco era naturalmente sempre stato conosciuto in Inghilterra. Negli eserciti dei nostri sovrani normanni ed angioini si potevano ritrovare gli arcieri, ma questi non costituivano né la parte più numerosa né la più efficace dell'armata. Su questo lato della Manica, come al di là di questa, la supremazia degli uomini a cavallo ricoperti di maglia di ferro era ancora indiscussa. E' infatti degno di nota il fatto che la teoria che attribuisce ai normanni l'introduzione del longbow non può essere dimostrata. Se dobbiamo fidarci dell'arazzo di Bayeux, l'arma degli arcieri di Guglielmo non era in alcun modo diversa da quella già nota in Inghilterra ed era usata da alcuni inglesi nello scontro di Senlac (1). Era un arco corto tirato al petto, non all'orecchio. Gli arcieri ai quali si fa riferimento di quando in quando nel corso il secolo successivo - quelli, per esempio che presero parte alla battaglia di Standard - non sembra proprio che avessero costituito alcuna parte veramente importante dell'esercito nazionale. Niente può esser più decisivo relativamente alla piccolezza dell'arco del fatto che non è per nulla citato nell' "Assise delle armi" del 1181. Nel corso del regno di Enrico II, possiamo onestamente concludere che non era l'arma particolare di nessuna classe della società inglese. Una simile deduzione è suggerita dalla predilezione di Riccardo Cuor di Leone per la balestra: è impossibile che l'avesse ammirata così tanto e si fosse preso tanta pena per procurarsi mercenari abili nell'uso di questa, se fosse stato a conoscenza dell'ottimo longbow del 14° secolo. E' evidente che l'arco deve sempre avere un grande vantaggio nella rapidità di tiro nei confronti della balestra: quest'ultima, quindi, doveva essere ritenuta da Riccardo in grado di vincere in gittata e potenza di penetrazione. Ma nulla è più certo che non il fatto che il longbow inglese nelle condizioni migliori era in grado di rivaleggiare con la balestra in tutti questi aspetti. La conclusione è inevitabile; l'arma sostituita dalla balestra era semplicemente l'antico arco corto, che era stato costantemente usato sin dai tempi dei sassoni.
Comunque sia, i balestrieri continuarono ad occupare un ruolo importante tra la fanteria fino alla metà del 13° secolo. Riccardo I, come abbiamo detto prima, teneva in grande considerazione la balestra; Giovanni mantenne un gran numero sia di balestrieri a cavallo che a piedi tra quei mercenari che furono una gran disgrazia per l'Inghilterra. Il cattivo ricordo di questi è conservato nella clausola della Magna Carta che obbliga il re a bandire gli "alienigenas milites, balistarios, et servientes, qui venerunt cum equis et armis ad nocumentum regni."(2) Fawkes de Bréauté, il capitano dei balestrieri mercenari di Giovanni, è uno delle più importanti e più sgradevoli figure della guerra civile del 1215-17. Anche nel regno di Enrico III, l'epoca nella quale il longbow stava iniziando ad avere il predominio, la balestra era ancora considerata l'arma migliore. Nella battaglia di Taillebourg (1246), un reparto di settecento uomini armati di balestra furono considerati la parte migliore della fanteria inglese. Sebbene Simon de Montfort deve aver avuto a disposizione a Lewes (1264) sia balestrieri che arcieri, i primi ricevettero la maggior parte delle poche notazioni che i cronisti dell'epoca riportano relativamente alla fanteria in quella battaglia. In questa battaglia gli arcieri ricevettero meno menzioni degli uomini armati con l'arcaica e molto inefficiente frombola.    
Rintracciare le vere origini del longbow non è facile; vi sono, comunque, valide testimonianze che dimostrano che il suo uso veniva in origine insegnato nel Galles del sud; sembra che qui ne fossero muniti fin dal regno di Enrico II (1154-1189). Giraldus Cambrensis parla ripetutamente (3) degli uomini del Gwent e del Morganwg come superiori nel tiro con l'arco agli abitanti di tutti gli altri distretti. A proposito della forza del loro tiro fornisce alcune curiose testimonianze. Nel corso dell'assedio di Abergavenny nel 1182, le frecce gallesi penetrarono per la profondità di quattro pollici in una porta di quercia. Vennero lasciate là come una curiosità, e Giraldus stesso le vide sei anni dopo, nel 1188, quando passò dal castello; le punte di ferro ancora si vedevano sporgere dalla parte interna della porta. Un cavaliere di William de Braose fu colpito da una freccia che prima perforò l'estremità della maglia di ferro, quindi le brache di maglia, poi la coscia, il legno della sella per poi penetrare profondamente nel fianco del cavallo. "Che cosa di più può fare un dardo scagliato da una balestra?" chiede Giraldus. Descrive gli archi del Gwent come "fatti né con corno, frassino o tasso, ma con olmo: armi brutte e che apparivano non rifinite, ma straordinariamente dure, lunghe e robuste, utilizzabili sia per il tiro a breve distanza che a lunga distanza." Fu solo tra i gallesi del sud che il tiro con l'arco aveva raggiunto un alto rendimento. I loro vicini del Gwynedd e del Powys erano essenzialmente lancieri e non mostravano alcuna attitudine per l'arco. Le truppe ausiliarie del Llewellyn, prestate a Simon de Montforf per la campagna di Tresham, certamente non erano arcieri. D'altro canto, erano stati gli arcieri di Strongbow provenienti dal Galles del sud ed i suoi seguaci avventurieri - come abbiamo visto (4) - che resero possibile la conquista normanna dell'Irlanda.
E' degno di nota che nella prima occasione nella quale il re fece un uso veramente decisivo degli arcieri in una grande battaglia campale (5), ci viene detto che la fanteria era per lo più composta di gallesi. Ma la prima citazione dell'arco come arma usata in gran quantità dagli inglesi, non proviene, abbastanza curiosamente, da alcun distretto prossimo ai confini del Galles del sud, ma dal Sussex, dove nel 1216 più di un migliaio di arcieri comandati da un tale Wilkin si dice abbiano infastidito l'esercito del Delfino Lewis ed i baroni ribelli, mentre questi marciavano attraverso il Weald. Ma la grande pietra miliare della storia del tiro con l'arco è indubitabilmente l' "Assise delle Armi" del 1252. Dopo aver ordinato che la classe dei piccoli proprietari terrieri più ricchi che possedeva terre per il valore di 100 scellini doveva arruolarsi nell'esercito nazionale portando con sé un elmetto, un gambeson (capo di vestiario imbottito portato sotto l'armatura per assorbire i colpi, n.d.t.), una lancia ed una spada, quel documento prosegue comandando "che tutti coloro che possiedono terra del valore di più di 40 e meno di 100 scellini, devono portare con sé una spada, un arco con frecce ed un pugnale." Analogamente, i cittadini che posseggono beni mobili del valore di più di nove mark e meno di venti devono schierarsi con arco, frecce e spada. Questa è una clausola particolare alla fine del paragrafo che prevede che anche i poveri con terra del valore di meno di 40 scellini o nove mark di beni mobili debbano portare arco e frecce, se le hanno, invece delle "falces gisarmas et alia arma minuta" che si diceva fossero le armi abitualmente usate da questi.
A dispetto dei provvedimenti dell'Assise delle Armi, presi 12 anni prima della battaglia di Lewes (1264), è molto singolare scoprire che, nelle campagne del 1264 e del 1265, la balestra - essenzialmente un'arma straniera e non prescritta per essere usata da nessuna delle classi dei sudditi del regno - avrebbe conservato ancora il predominio. Questa è citata con molta più frequenza che non l'arco, come abbiamo già osservato, dai cronisti della guerra dei baroni. L'unica menzione significativa del tiro con l'arco è - in modo abbastanza caratteristico - quella che descrive l'attacco effettuato contro le colonne di re Enrico in marcia nel Weald dalle truppe ausiliarie gallesi del De Montfort (6). Ma vi è un avvenimento, non menzionato da alcun cronista, che mostra che gli arcieri potevano essere arruolati in numero considerevole e con breve preavviso in una regione molto lontana dalla frontiera del Galles. Nel 1266, proprio dopo in grande disastro di Evesham (1265), i resti della fazione baronale tenevano testa al re in certe regioni. Tra le zone perturbate vi era il Sussex ed anche l'area dei Cinque Ports, contro le quali il sovrano inviò una spedizione comandata da Roger de Leyburn. Un ordine emesso in maggio, ordina a Leyburn di aggiungere alle truppe già a lui assegnate, cinquecento arcieri da arruolare nel Weald (7). Vennero chiamati in supporto per un servizio di breve periodo e venne loro data una paga solo per il periodo di tempo più breve - al di sotto delle tre settimane. Evidentemente, il conflitto che nell'Essex aveva causato la loro chiamata, ben presto venne meno. E' stimolante riscontrare che gli arcieri di Layburn erano stati arruolati esattamente nello stesso distretto dove Wilkin aveva procurato fastidi ai francesi nel 1216; cionondimeno non ho trovato nessun'altra indicazione che il Weald fosse un centro speciale per lo sviluppo del tiro con l'arco.
Probabilmente tutte le regioni ricche di foreste erano da molto tempo abili nella costruzione dell'arco, a causa della loro nota abilità nella caccia: sappiamo che Sherwood e Chiltern erano famose per i loro arcieri in tempi più recenti (8).
Il longbow si mette in evidenza solamente nelle guerre di Edoardo I (1272-1307) ed il suo predominio nelle successive guerre inglesi è direttamente dovuto proprio all'azione del re. Edoardo, dopo aver fatto molta esperienza, riscontrò che un maggior vantaggio poteva essere ottenuto da una saggia combinazione di cavalleria e fanteria armata con armi da lancio, piuttosto che dal solo uso di uomini a cavallo. Non abbiamo indicazioni che avesse imparato ciò ai tempi di Lewes (1264) ed Evesham (1265), ma compare abbastanza chiaramente durante le sue guerre gallesi. Nelle spedizioni tra le colline di Gwynedd l'uomo a cavallo era spesso inutilizzato: non era in grado di prendere d'assalto le rocce scoscese od inerpicarsi nelle gole. Il combattimento nel Galles era soprattutto un lavoro per la fanteria; il re - e la sua condotta nella campagna di Evesham l'ha mostrato - era pronto per imparare alla scuola della guerra. Avendo ben capito quale fosse la forza e la debolezza della fanteria, così come quella della cavalleria ricoperta di maglia di ferro, era del tutto capace di combinare le sue lezioni.

LE GUERRE GALLESI DI EDOARDO I (1277-1295)

I lunghi e continui sforzi con i quali Edoardo I risolse quel problema della conquista del Galles del nord che aveva frustrato tutti i precedenti sovrani, sono forse i più interessanti per gli storici militari, poiché contengono i due primi esempi della combinazione sistematica di cavalleria ed arcieri, dal tempo di Hastings, che noi abbiamo rintracciato negli annali inglesi. Queste furono la battaglia del ponte di Orewin, vinta da Edmund Mortimer e John Giffard nel 1282 su Llewellyn di Gwynedd (che qui incontrò la morte), e la battaglia combattuta nei pressi di Conway nel 1295, dove William Beauchamp, conte di Warwick, sconfisse Madoc, figlio di Llewellyn, l'ultimo difensore del Galles del nord. Di queste parleremo a tempo debito e più avanti.
Meno emozionante, ma piuttosto istruttivo, è lo studio dei metodi militari con i quali, in genere, completò l'asservimento delle Principality del Galles che avevano sfidato con successo così tanti dei suoi antenati. La questione alla base dell'intera storia è il fatto che un esercito regolare feudale a corto servizio non era idoneo per conquistare una razza di montanari caparbi e coraggiosi, che si ritiravano nei luoghi fortificati di Snowdonia quando venivano scacciati dalle loro valli e là aspettavano fino all'immancabile disperdersi dell'esercito invasore in autunno. Quando il nemico si era ritirato prima delle piogge d'ottobre o le gelate di novembre, i gallesi scendevano dai loro rifugi montani e rioccupavano le pianure devastate. L'intera conquista doveva essere di nuovo iniziata (de novo nel testo n.d.t.) la primavera successiva.
Le tre ricette di Edoardo per affrontare questo problema furono:
1.   la costruzione di milizie pagate e non feudali, con un'ampia quota di fanteria che fossero in grado di tenere il campo nel periodo invernale;
2.   la costruzione sistematica di castelli in tutti i principali punti strategici;
3.   la costruzione di strade in una terra nella quale, fino a quel momento, non vi era nulla di meglio che non sentieri celtici, salvo dove le rovine di poche antiche strade romane erano debolmente visibili.

Richiamare tutta la leva feudale dell'Inghilterra per una guerra nel Galles, voleva dire richiedere molti più
uomini a cavallo di quanti fossero necessari ed assicurarsi il loro servizio per un periodo molto più breve di
quanto fosse necessario. E' ovvio che una chiamata improvvisa alle armi per tutti i proprietari per servizio
di cavaliere o di sergente poteva essere necessaria solo in due generi di crisi. Poteva essere giustificata per
fronteggiare un'invasione straniera - ma niente di questo genere si era visto da quando Luigi di Francia nel
1214 era venuto a pretendere la corona di re Giovanni. O, d'altra parte, poteva essere necessaria in caso di
un'estesa ribellione e conflitto civile - come  l'insurrezione di de Montfort e la "Guerra dei Baroni" del
1264.
Il massimo numero di cavalieri dovuto al regno d'Inghilterra sembrerebbe essere stato, durante il regno di
Edoardo I, qualcosa tra i 6000 ed i 7000 uomini a cavallo. I complessi calcoli contenuti nelle Guerre
Gallesi di Mr. Morris (9) dimostrano che è impossibile stabilirne il numero esatto. Questo totale è praticamente lo stesso di quello che era stato calcolato per il regno di Enrico II (1154-1189)(10).

Per affrontare l'insurrezione gallese, nessun sovrano avrebbe avuto bisogno di 6500 cavalli: non potevano vivere nelle montagne dell'ovest e, inoltre, nessun comandante in capo avrebbe desiderato richiamare tutte le riserve nello stesso tempo. La misura dello strumento impiegato deve essere proporzionato al lavoro richiesto a questo.
Allora lo Scutage , il sistema già spiegato in un precedente capitolo, tramite il quale l'obbligo dei cavalieri di servire per 40 giorni e che poteva essere tolto con il pagamento di una somma di denaro, venne molto ben ricordato per tutto il periodo di re Edoardo. Molti grandi proprietari diedero denaro invece del servizio. Ma vi fu un'eccezione al suo impiego generale. L'opinione pubblica feudale (se possiamo usare questa espressione) riteneva che i conti avessero un'obbligazione militare particolare; era contro la loro dignità essere perennemente assenti in tempi di guerra. A meno che un conte fosse minorenne o invalido cronico, o molto vecchio, ci si aspettava che rispondesse personalmente alla chiamata del re. "L'etichetta feudale" come Mr. Morris osserva "faceva una forte distinzione tra i conti e gli altri, relativamente al servizio. Da un conte, avendo un numero di quota fissato, ci si aspettava che portasse quel numero di cavalieri più un adeguato numero di effettivi di truppa, e che prestasse servizio per oltre 40 giorni, così comportandosi per mantenere il suo rango come un grande feudatario." Da qui deriva che la proporzione  di Conti sul campo in una grande campagna era molto più grande di quella degli inferiori baroni, i quali potevano accordarsi relativamente al loro contingente o, se non lo facevano, avrebbero potuto prestare servizio per 40 giorni e poi partire, oppure chiedere che (avendo onorato il loro debito) venissero pagati dal re per tutti i giorni ulteriori passati con l'esercito.
Il sistema con quale Edoardo diresse le lunghe campagne gallesi fu evidentemente quello di effettuare un patto difficile con i grandi proprietari terrieri, che non prevedeva che questi presentassero tutto il loro servitium debitum di cavalieri per i quaranta giorni feudali, ma che prevedeva che fornissero una quota più piccola - di solito molto più piccola - ed assicurassero di tenere il campo quando l'obbligazione militare fosse scaduta, a condizione che il re avesse iniziato a pagare loro ed il loro seguito dopo i primi quaranta giorni. Solo dai conti non ci si aspettava che venissero pagati; vi sono molto pochi eccezionali casi nei quali percepirono una paga, ma la quantità è trascurabile (11). Il risultato di questo compromesso fu che il re ottenne un contingente modesto ma sufficiente per le guerre gallesi, che variava di anno in anno, a seconda che i bisogni militari fossero maggiori o minori. La relazione tra l'antico pieno servitium debitum ed il seguito col quale il conte od il barone effettivamente si presentava, sembrava variare in modo incomprensibile tra una persona e l'altra. Per esempio nella guerra gallese del 1294 il Conte di Lancaster, signore di 263 feudi da cavaliere, si presentò con 50 seguaci; il Conte di Norfolk, con 279 feudi, arrivò con solo 28 uomini; il Conte di Warwick, con 135 feudi, 21 uomini a cavallo; Hugh Courtenay, il più grande barone del Devon ne aveva 92 e condusse solo 20 uomini. Tutti questi sono contingenti molto piccoli. Alcuni baroni portarono con sé un seguito con un rapporto molto superiore rispetto al loro obbligo. Robert de Tatteshall che ne doveva 69 ne portò 20, John de Vesey che ne doveva 36, giunse con 15, Baldwin Wake che ne doveva 28, non ne portò meno di 16.
Come ha fatto notare Mr. Morris, vi furono pochi insoliti baroni di classe inferiore che sembra si mettessero in mostra unicamente per carrierismo militare: arrivarono per primi, con un seguito fuori proporzione con lo scopo di dimostrarsi grandi uomini e si fermarono fino alla fine completa della guerra, ritirando la paga, alcune volte, per un importo ben maggiore che non quello dovuto al loro contingente standard. Furono il primo esempio di grandi "contraenti " o condottieri (in italiano nel testo n.d.t.) del secolo successivo. Tale era Walter de Huntercombe, che doveva la tassa di soli 7 cavalieri ma arrivò nel Galles, nel 1295, con 20 seguaci, e in Scozia, nel 1298 con 18; Maurice de Berkeley il giovane, il cui padre era soggetto a portare solo 5 scudi, ne portò 15 e si impegnò a prestare servizio con questo numero al seguito del conte di Pembroke nel 1297.
Quando la campagna era entrata nel secondo mese ed i quaranta giorni feudali erano trascorsi, la grande maggioranza della cavalleria di Edoardo era composta da uomini pagati; solo una minoranza appartenente ai conti non era pagata. In questo modo il re riuscì a conservare un considerevole potere sulla fanteria, anche nel corso dei mesi invernali, ed a garantire presidi permanenti per i castelli periferici. Sarebbe stato naturalmente impossibile trovare il denaro necessario per un tale esercito dai soli proventi dello Scutage;
ma la tassazione complessiva del regno che aveva la tendenza ad aumentare costantemente, rendeva possibile mantenere un'ampia forza, per molti mesi di seguito.
E' necessario ricordare che vi era un nucleo permanente intorno al quale qualsiasi esercito poteva essere mobilitato; il seguito personale del re (familia regis), uno stato maggiore piuttosto che una guardia del corpo, poiché comprendeva un numero sproporzionato di cavalieri ed anche di banderesi, sebbene, ovviamente, la maggioranza fossero solo sergenti. Sembra fosse composta, in tempi normali, da circa trenta o quaranta cavalieri e da sessanta a novanta sergenti. Molti erano sempre in servizio come castellani dei castelli, come comandanti di piccoli reparti di truppe isolate, che portavano messaggi ed ordini importanti, ricambi delle truppe di leva delle contee reclutati o che sorvegliavano il trasporto di materiali e di denaro. Ma vi era sempre una gran quantità di questi vicino alla persona del re, e quando era presente ad un'azione erano ovviamente responsabili della sua sicurezza personale. Servire nella familia era una promessa di carriera: molti sergenti diventavano cavalieri, alcuni cavalieri ebbero la promozione a cariche come quella di Alto Funzionario del Galles del nord o del sud, o Siniscalco di Guascogna. In tempo di pace quelli di loro che non stavano effettivamente a corte ricevevano regolarmente un onorario, a condizione che fossero pronti a rispondere alla chiamata quando erano richiesti (12).
Il re, quando era con la sua familia, con suoi cavalieri pagati e la quota feudale che era in quel momento al campo, poteva con facilità contare su una guardia di 1000 o 1200 cavalli sul campo, in aggiunta a quelli che i Lord delle regioni di confine tra Inghilterra e Galles mantenevano nello stesso periodo per la difesa privata delle loro terre. Le quote feudali, quando si scioglievano, erano rimpiazzate in inverno da squadroni pagati, nei quali erano contenti di restare molti proprietari di feudo ed i loro seguaci, a patto che percepissero la paga dal re. Questo sarebbe stato sufficiente per una normale guerra nel Galles: per uno sforzo tanto grande come quello della campagna di Falkirk, sembrerebbe che fossero sul campo ben oltre 2000 e forse più di 2500 cavalieri.
Ma la cavalleria, come si è osservato sopra, non era l'arma più necessaria per le campagne gallesi: anzi vi erano molte ragioni per le quali era praticamente inutilizzabile. Da qui la necessità della fanteria. Una grande parte di questa era sempre composta di "amici" del Galles del sud, principalmente gli arcieri dei Lord delle zone di confine, che erano inestimabili sulle colline e nei boschi rassomiglianti e quelli della loro terra natia. Si presentarono alcuni altri uomini simili, provenienti dai capi gallesi che rimasero leali al re, probabilmente da antichi feudi familiari presso la casa di Llewellyn. La maggioranza dei soldati di fanteria, comunque, erano inglesi della leva delle contea, quasi sempre provenienti dalle regioni confinanti o non molto distanti dai confini del Galles. La loro reale efficienza sembra variasse in relazione alla distanza dalla regione della perenne contesa. Le truppe del Cheshire o dello Shropshire erano meglio addestrate per la guerra che non quelle delle contee dell'Inghilterra centrale. Le contee più lontane, sempre richiamate con contingenti importanti, erano quelle del Derbyshire e del Nottinghamshire, probabilmente poiché i loro territori boscosi davano origine agli arcieri di Sherwood. Quanto al resto, Gloucester, Hereford, Stafford e Lancashire erano contributori abituali. Le contee più remote dell'Inghilterra centrale e del nord vennero appena toccate in una sola occasione di particolare crisi (13).
La fanteria era arruolata dai "Commissari di Schieramento" che organizzavano i loro contingenti in centinaia e migliaia, sotto il comando di centenars o conestabili e millenars. Questi erano in servizio solo per periodi brevi poiché il compito dei Commissari di Schieramento era quello di assicurarsi che quei contingenti arrivassero a brevi intervalli, per rimpiazzare i gruppi il cui periodo di servizio era scaduto. Sembra che il limite fosse stato tre mesi, ed era difficile tenere insieme gli uomini così a lungo; le liste delle paghe dimostrano che la diserzione era sempre rampante. Nella guerra del 1277 il numero più grande dei fanti sotto le armi sembra sia stata di 15000 uomini; più della metà erano gallesi "amici". Nel 1282 il più grande assembramento di soldati di fanteria in una sola volta, sembra sia stato di 8000 uomini. Ma, naturalmente, ritroviamo negli anni successivi numeri maggiori, utilizzati per la grande invasione della Scozia.
Il tiro con l'arco cresceva in importanza, e di quando in quando ritroviamo interi reparti formati da arcieri; per esempio certi corpi del Galles del sud ed un reparto di uomini del Macclesfield. Ma l'arco non era ancora la vera e propria arma del soldato di fanteria inglese, nonostante l'ordinanza di Enrico III (14). I soldati di leva delle contee spesso erano chiamati sagittarii et lancearii, ed il rapporto tra i due non viene mai dato, come invece avviene in molti documenti del secolo successivo. Il fatto che l'arco non aveva ancora ottenuto la reputazione che avrebbe acquisito nella generazione successiva è ben mostrato dal fatto già citato sopra; i balestrieri ricevevano ancora una paga migliore degli arcieri, tre pence contro due pence al giorno. Il loro numero era di solito moderato: nel 1277 il re ne aveva con sé 250, dei quali 100 erano guasconi ed altri stranieri.
Nel 1282 vi erano in campo circa 250 balestrieri inglesi, ed un numero più grande di guasconi; almeno 600 di loro (15), dei quali alcuni a cavallo. I balestrieri a cavallo erano un fenomeno alquanto raro in tutti i paesi europei, come già si è rilevato. Ma nella campagna del 1289, contro il ribelle Rhys, vi erano solo 105 balestrieri presenti tra una forza totale di 11000 soldati di fanteria; nel 1292 la più grande forza militare citata formata da questi era composta da 70 uomini. Nell'invasione della Scozia, culminata nella battaglia di Falkirk, ve ne erano 250 sul totale della forza di fanteria presente ed ammontante a 12500 uomini. In nessuna occasione, comunque, la balestra sembra essere l'arma predominante nelle forze armate inglesi,e nel secolo successivo era destinata ad uscire completamente di scena, poiché il tiro con l'arco continuava a far progressi.
Il numero dei soldati, fanteria o cavalleria, impiegati nel Galles non fu il fattore dedisivo per la conquista del paese da parte di Edoardo. Ciò che veramente fu decisivo fu il fatto che egli riuscì a mantenerli efficienti nel corso di tutti i mesi invernali, costringendo i nemici a rimanere rinchiusi sulle loro colline a soffrir la fame. Nel 1277 gli invasori, come abbiamo visto, distrussero tutti i raccolti nell' Anglesey e lungo lo stretto di Menai, rimanendo accampati nel Gwynedd; in conseguenza di ciò Llewellyn si sottomise in ottobre. Nel 1282-83 lo sforzo fu molto più grande, poiché l'esercito inglese era mobilitato da 15 mesi senza interruzione. La battaglia decisiva al ponte di Orewin, che costò la vita a Llewellyn, venne combattuta in pieno inverno, l'11 dicembre; l'ultimo disperato residuo delle truppe nemiche si arrese nel giugno del 1283, molto prima che il raccolto fosse maturo. Nel 1287 il ribelle Rhys-ap-Maredudd diede inizio alla sua seconda insurrezione in novembre, sperando senza dubbio in una tregua durante la stagione di cattivo tempo; ma sarebbe stato sconfitto nel gennaio del 1288 poiché gli inglesi avevano mantenuto l'operatività militare nel corso dei tre peggiori mesi invernali. L'ultima rivolta, quella di Madoc-ap-Llewellyn, iniziò il 30 settembre del 1294; il re aveva 5000 soldati di fanteria sotto le armi a partire da ottobre. Marciò egli stesso da Chester l'11 dicembre, venne a sapere della decisiva vittoria del conte di Warwick a Conway il 22 gennaio del 1295 e riuscì a schiacciare l'insurrezione entro aprile. Non vi era speranza per i gallesi quando avevano a che fare con un re ed un esercito che erano preparati ed in grado di combattere per tutto l'inverno.
Conquistare il Galles era una cosa; mantenerlo soggiogato era un'altra. Edoardo ottenne ciò per mezzo di un grandioso sistema di castelli collocati strategicamente. Seguendo il metodo con il quale i Lord dei territori di confine avevano già domato il sud, progettò il suo piano per dominare le zone abitate del territorio tramite fortezze imprendibili. La costruzione iniziò nel 1283, subito dopo la conquista; Conway serviva per controllare la strada costiera da Chester fino alla Snowdonia, Carnarvon lo stretto di Menai. Il corpo di soldati venne qui successivamente rafforzato (1295) con la costruzione di Beaumaris, sull'altro lato dello stretto, con lo scopo di controllare l'Anglesey, granaio del Galles. Il castello di Harlech dominava dall'alto le terre intorno al promontorio della baia di Tremadoc. Ciascuna di queste era una fortezza di prim'ordine, di quelle nuovissime in stile "concentrico" che abbiamo descritto nel capitolo sulle fortificazioni. Inoltre, le antiche fortezze gallesi di Bere, Criccieth e Dolwyddelan vennero riparate e fornite di guarnigione. Per mezzo di queste venne circondato da tutti i lati il gruppo montano di Snowdonia, l'ultimo rifugio dei principi insorti di Gwynedd. Le principali fortezze, Conway, Beaumaris, Carnavon, Crieccieth, Harlech, erano tutte vicine al mare e potevano essere rifornite da una flotta nel caso in cui anche le comunicazioni via terra con l'Inghilterra fossero state tagliate. L'espediente funzionò; i castelli tennero lontano e repressero l'insurrezione. Carnavon, a dire il vero, venne catturato di sorpresa nel 1294 ma venne riconquistato quasi subito e ricostruito di maggiori dimensioni e in modo più perfezionato nel 1295. 
Ma mentre si fidava dei trasporti via mare per il rafforzamento dei nuovi castelli in periodi di estremo bisogno, Edoardo volse la sua attenzione alla costruzione di strade. I suoi eserciti erano accompagnati da "battaglioni di lavoro". Nell'agosto del 1277 aveva da 1500 a 8000 taglialegna e sterratori (fossatores) impiegati per costruire una strada da Flint, attraverso Rhuddlan, fino a Conway; in settembre ce n'erano ancora 1000 (16). Anche i cronisti, di solito non molto interessati in questioni di ingegneria, furono colpiti dalla grandezza dell'operazione (17). Solamente per mezzo della costruzione di strade poteva mantenere efficienti le comunicazioni tra l'esercito e le sue basi; il progetto era di concezione romana. Sono segnalati soldati esploratori in alcune delle precedenti campagne, ma mai in numero così grande come in questa.
Con ciò chiudiamo l'argomento relativo alle caratteristiche generali delle guerre gallesi. Restano solo da descrivere i due episodi poiché gli storici militari trovano molto interessante il fatto che una battaglia venne vinta per mezzo della intenzionale combinazione di cavalleria ed arcieri.
A partire dal modello di questi due combattimenti quasi dimenticati, noi tracciamo la successione verso Falkirk, Dupplin, Halidon Hill e tutti i gloriosi successi continentali di Edoardo III ed Enrico V.
La prima battaglia fu quella del ponte di Orewin, nei pressi di Builth, combattuta l'11 dicembre del 1282; la data, in pieno inverno, è ben degna di nota. Llewellyn aveva lasciato la sua roccaforte sul monte Snowdon, con lo scopo di suscitare la rivolta nel Galles centrale e meridionale; nonostante che la zona dell'insurrezione fosse estesa, egli si accorse che la fame stava minacciando i suoi seguaci. Ottenne un considerevole successo nel Brecknock; la regione rurale insorse ed il castello di Builth venne assediato. Contro di lui avanzarono due Lord delle zone di confine, John Giffard e Edmund Mortimer, con i loro vassalli sostenuti da soldati di leva della contea di Shropshire. Llewellyn occupò una forte posizione in cima agli argini del fiume, un affluente del Wye, bloccando il ponte di Orewin. Era uno spoglio e ripido pendio, raggiungibile solo, come sembra, se il ponte veniva preso. I gallesi erano fermi, in un compatto schieramento di lancieri, fuori dal tiro degli archi, sulla riva opposta del fiume. Un locale "amico", tuttavia, mostrò ai Lord un guado a monte attraverso il quale la loro fanteria attraversò all'alba, non vista, e piombò sul fianco della posizione gallese. Llewellynn, per motivi legati alla guerra, non era sul posto quando iniziò il combattimento; era qualche miglia lontano, ad una conferenza con certi comandanti di dubbia lealtà, secondo la versione locale della vicenda. In ogni caso le sue truppe erano senza comandante quando l'azione iniziò. Si raggrupparono sulla sommità della collina, abbandonando il ponte di fronte a loro, e quindi risentendo delle conseguenze del passaggio della cavalleria inglese oltre il fiume Yrfon (18). Giffard e Mortimer avvicinarono gli arcieri alla massa dei lancieri che offrivano solo una difesa passiva ma ostinata. Quando la maggior parte di questi era caduta, gli armigeri caricarono su per la collina ed irruppero per le aperture nella massa. La maggior parte vennero fatti a pezzi, gli altri fuggirono oltre la collina. Llewellyn precipitandosi indietro al rumore della battaglia, si congiunse ai suoi uomini troppo tardi; si imbatté per caso, in qualche luogo ai margini dello scontro, con un armigero isolato dello Shropshire, un tale Stephen de Frankton, che l'uccise in duello, non sapendo chi fosse. La sua morte venne scoperta solo quando i corpi vennero spogliati dopo la battaglia.
La vicenda ricorda un poco quella di Hastings. Una massa di soldati di fanteria, non adeguatamente equipaggiati con armi da lancio, possono resistere per qualche tempo contro l'attacco congiunto di arcieri e cavalieri, ma è condannata alla fine all'annientamento.
La seconda battaglia fu quella vinta da William, Conte di Warwick, nei pressi di Conway il 22 gennaio del 1295. Stava marciando da Rhuddlan per contrastare l'assedio al castello di Conway, nel quale si trovava re Edoardo che era stato tagliato fuori per un momento dalle comunicazioni con l'Inghilterra da un'irruzione dei ribelli di Madoc-ap-Llewellyn. I gallesi erano accampati oltre la strada, sul fianco scoperto di una collina tra due boschi, nei quali intendevano ritirarsi se messi troppo duramente alle strette. Ma Warwick, marciando per tutta la notte, fu in grado di attaccarli di sorpresa all'alba, cosicché non ebbero il tempo di ritirarsi e girarono entrambe i fianchi. "Allora", dice Nicholas Trivet (19), "vedendosi circondati, fissarono i bastoni delle loro lance nel terreno, con le punte dirette verso l'esterno, per tener lontano l'attacco degli uomini a cavallo. Ma il conte piazzò un balestriere (o, senza dubbio un arciere) (20) tra ogni due cavalieri; quando a causa del loro tiro la maggior parte nei lancieri era stata uccisa, entrò con violenza tra di loro col suo cavallo e fece una tale carneficina che nessun esercito gallese (si ritiene) aveva mai subito prima." Questo scontro suona come una ripetizione della tattica attuata al ponte di Orewin, solo più efficace nella strage, poiché i fianchi del nemico erano stati girati prima che lo scontro avesse inizio, e non vi era nessuna via di ritirata lasciata aperta. Tra i comandanti presenti tra gli inglesi vi era John Giffard (21), uno dei vincitori della precedente battaglia: è stato suggerito, con ragione, che costui poteva essere stato l'uomo che indicò a Warwick come aveva affrontato il problema prima di lui. Venne ferito nella battaglia e ricevette una lettera di elogio da Edoardo, "quia regi potenter subvenit his diebus"(22).     
Nell'ingloriosa guerra francese di Edoardo I in Aquitania, ritroviamo piccoli indizi della combinazione corretta di cavalieri e fanteria. In quelle campagne, gli eserciti inglesi erano largamente composti dai vassalli del re di Guascogna, le cui idee militari erano del tutto continentali; è però curioso riscontrare che i comandanti inglesi sembra non abbiano loro insegnato nulla. Prendiamo, per esempio, la battaglia di Peyrehorade (nei pressi di Bayonne) nel 1295. Il conte di Lincoln con 600 armigeri e 10000 soldati di fanteria partì per soccorrere la città di Belgarde, allora minacciata dal Conte di Artois. Uscendo dal bosco, la sua avanguardia venne improvvisamente caricata dai francesi, che li aspettavano con 1500 cavalieri allineati in quattro battaglioni. La cavalleria inglese comparve successivamente uscendo con forza dalla strada della foresta ed impegnò battaglia - non molto vantaggiosamente - con i francesi.
Ma i soldati di fanteria "esitarono nel bosco senza avanzare e assolutamente non fecero bene,"(23) benché i cavalieri avessero grande bisogno della fanteria, "qui proiectos armatos hostium spoliarent vel interimerent." L'ultima clausola dimostra che Lincoln si aspettava che i soldati di fanteria svolgessero un compito molto modesto.
Deve essere stato dall'esperienza acquisita nel corso della sua spedizione nel Galles e dall'insegnamento di quegli ufficiali come John Giffard  che Re Edoardo imparò come combinare cavalleria e fanteria con tale efficacia nella sua grande vittoria a Falkirk. L'interesse della guerra scozzese, dal punto di vista militare, si trova nei successi e fallimenti alternati degli inglesi, a secondo del modo con il quale erano condotti dai loro comandanti. La tattica degli scozzesi era uniforme ed era dettata dal fatto che il regno del nord era senza dubbio inferiore all'Inghilterra nel numero e nella qualità dei suoi armati. Non solo la nobiltà ed i cavalieri scozzesi erano troppo pochi per tener testa agli inglesi, ma nel corso della guerra una gran parte di questi aderì alla causa di Edoardo, e spesso si trovarono a combattere sotto le sue bandiere. Gli scozzesi, quindi, furono costretti a fare assegnamento quasi completamente sui loro vigorosi agricoltori, i cui cuori erano saldamente collocati contro gli abitanti del sud. In nessuna occasione Wallace o Bruce portarono in campo più di un migliaio di cavalieri pesantemente armati e nessun fatto d'arme può essere accreditato ai loro cavalieri, esclusa una singola carica a Bannockburn, che descriveremo nel luogo adatto.
      
                            
NOTE:

1) Vedi il minuscolo arciere che rannicchia sotto lo scudo del thane ricoperto di maglia di ferro, come Teucro protetto da Aiace.
2) Magna Carta, § 51
3) pag. 54, 123, 127 dell'edizione dell'Archivio dei Stato dell' Itinerarium Cambriae.
4) vedi vol i. pag. 409 e seguenti      
5) A Farlkirk, secondo Walter Hemingburgh, che ci fornisce il resoconto di gran lunga migliore della battaglia: "Numerati sunt pedestres qui aderant, et quasi omnes erant Hibernici et Wallenses"      (p.159). Ciò è esagerato: vedi il Cap. II di questo libro .
6) Wykes, 1264, § 5.
7) Per questo interessante riferimento tratto dagli Exchequer Accounts, Army and Ordnance, 3 S. 6., sono in debito con Mr. Ernest Jacob di All Souls, il quale l'ha trovato per caso e me lo ha mostrato.   La forza comprende tre tipi di arcieri, Wallenses, Waldenses, e alii.
8) Nel 1588, nei ruoli dell'esercito arruolati per fronteggiane l'Armada spagnola, troviamo che le contee di Chiltern, Oxford e Bucks erano le uniche nelle quali la leva includeva molti più arcieri che non Archibugieri: queste furono le ultime regioni ad abbandonare il longbow.        
9) Vedi Welsh Wars of Edward I, pag. 35-41.           
10) Vedi vol. i, pag 368.        
11) Vedi Morris, Welsh Wars, p. 57  
12) Per tutto ciò vedi Morris, Welsh Wars, pp. 84-87.        
13) Vedi Morris, Welsh Wars, pp.92-93.      
14) Vedi sopra, pag. 60 del vol. ii.    
15) Vi erano in tutto 1300 guasconi presenti nel 1282, ma molti erano cavalieri e non tutti i soldati di fanteria erano balestrieri.
16) Vedi Morris, Welsh Wars, p. 139
17) Wykes , Archivio di stato a Londra, Annales Monartici, iv p. 272         
18) "Steterunt Wallenses per turmas in supercilio montis: ascentibus nostris per sagittarios nostros (qui inter equestres mixti erant) corruerunt multi, eo quod animose steterunt. Tandem nostri ascenderunt equestres et caesis aliquibus reliquos in velocem fugam comoulerunt" (Hemingburgh, vol i, pag. 11).
19) Trivet, sub anno 1295, p. 282     
20) Il numero dei balestrieri nell'esercito inglese in quell'anno era così piccolo che Warwick deve aver usato arcieri in aggiunta ai pochi balestrieri.  
21) Vedi Morris, Welsh Wars, p. 258.           
22) Vedo Morris, p.256 e Patent Rolls sotto la data 24 gennaio 1295.
23) Hemingburgh, vol. i, p. 74.         
 
da: C. Oman, A History of The Art of War in The Middle Ages - vol. II pag.57/72 - Metheuen & Co Ltd - London - 1978), traduzione di Marco Dubini

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